Sport e sonno, sonno e prestazioni atletiche, come diagnosticare il sonno

La salute è considerata la somma di tante buone abitudini, tra le quali una strategia che coinvolga la scelta di cibi nutrienti e sani e una sufficiente quota di tempo spesa nell’esercizio fisico.

Ma se non si hanno almeno sette – otto ore di sonno ogni notte, si può minare ogni sforzo compiuto in tale direzione.
Sono da tempo noti i benefici dell’attività fisica di moderata intensità sulla qualità del sonno e un crescente interesse nell’ utilizzo dell’attività fisica come approccio terapeutico per i più diffusi disturbi del sonno come l’insonnia e le apnee notturne, alla luce delle implicazioni nell’assistenza sanitaria, nelle politiche di sanità pubblica e nella promozione della salute.
L’insonnia è l’insoddisfazione cronica per la quantità o qualità del sonno, con fatica ad addormentarsi, numerosi risvegli notturni e difficoltà a riprendere sonno, risveglio mattutino prima del previsto. Presente in oltre il 20% della popolazione, predilige anche giovani sottoposti a stress lavorativo o studio, anziani, donne e individui con patologie mediche.
Tra i disturbi del sonno esiste anche una patologia poco conosciuta; colpisce il 6% degli uomini e il 2% delle donne: in totale circa due milioni di casi in Italia.
Parliamo della sindrome delle apnee notturne – OSAS.
Poche altre patologie determinano una così ampia sequela di infermità (cardiologiche, neurologiche, metaboliche) come quelle provocate da un inadeguato respiro notturno, le cui principali manifestazioni sono identificate nel russare e nell’insorgenza di apnee durante il sonno.
In sintesi, insonnia e apnee notturne, compromettono la qualità del sonno, determinando riduzione dell’attenzione, della memoria e influenzando negativamente l’interazione fisica, psicologica e sociale e severe sequele cliniche.
L’attività fisica è positivamente associata alla qualità del sonno di diverse categorie di persone, anche di coloro che soffrono di insonnia e OSAS.
Ciò è coerente con la raccomandazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS 2020) di impegnarsi in attività fisiche per migliorare la qualità del sonno. E apre, scientificamente e non solo empiricamente, le porte ad un contributo comportamentale e non farmacologico dei disturbi del sonno.
L’associazione tra attività fisica e qualità del sonno può essere attribuita a diversi meccanismi tra cui il rilascio di endorfine, che possono ridurre lo stress e l’ansia, con conseguente rilassamento muscolare e sonno più efficace.
Inoltre, l’esercizio stimola il rilascio di neurotrasmettitori come la serotonina, coinvolta nella regolazione dell’umore e nel rilassamento, probabilmente favorendo un migliore inizio e mantenimento del sonno.
In particolare gli esercizi aerobici migliorano la qualità del sonno e sono efficaci nei pazienti con insonnia, ma proprio in questi soggetti anche l’esercizio (moderato) deve essere supervisionato e non protrarsi troppo a lungo e mai nelle due ore precedenti l’addormentamento.
Una attività fisica moderata e regolare, risulta essere la più efficace nel promuovere il sonno, mentre attività fisiche ad alta intensità, soprattutto la sera, possono portare ad ulteriori difficoltà per un perdurare di condizioni più adatte alla veglia che al sonno.
Tra i fattori che influenzano l’efficacia dell’attività fisica nel migliorare la qualità del sonno, dobbiamo considerare sesso, età, tipo di attività, tempistica, durata e costanza.
Il benessere legato all’esercizio fisico nei pazienti con apnee notturne comprende l’aumento del tono muscolare dei muscoli interessati dal fenomeno ostruttivo a livello delle vie aeree superiori, la riduzione dell’accumulo di liquidi nel collo, l’aumento del sonno profondo, la riduzione del peso corporeo e la riduzione della risposta infiammatoria sistemica tipica di questa condizione.
Un esercizio fisico regolare, prevalentemente aerobico, determina infatti una riduzione della gravità delle apnee notturne, una riduzione della sonnolenza diurna, un aumento dell’efficienza del sonno, tutti elementi che conferiscono all’attività fisica controllata un importante ruolo nella terapia delle apnee notturne anche gravi, a loro volta indipendenti dalla pur utile correlazione con la perdita di peso (anch’essa un fondamentale presidio terapeutico in questi pazienti).
LA DIAGNOSI DI OSAS – LA POLISONNOGRAFIA
La diagnosi di apnee notturne – OSAS – necessita sempre di una valutazione strumentale con uno studio notturno.
Si chiama polisonnografia e consente di rilevare quante apnee o ipopnee vengono osservate durante la registrazione di una notte di sonno e molto altro.
Un numero di fenomeni apnoici totali (apnee, ipopnee) superiore a quindici episodi per ora di sonno consente di affermare che il soggetto è positivo ad apnee notturne di grado moderato, indipendentemente da altre coesistenti condizioni mediche.
Diversamente, se il paziente presenta russamento, fatigue, sonnolenza diurna, apnee chiaramente riferite dai familiari, oppure è affetto da malattie cardiovascolari (ipertensione arteriosa, infarto o fibrillazione atriale per esempio), diabete e patologie neurologiche (compreso l’ictus), questo limite scende a cinque episodi per ora di sonno.
Se la valutazione di un esame polisonnografico mostra un indice di apnea – ipopnea maggiore di 30 (in assenza di malattie concomitanti) parleremo di OSAS severa; il limite scende a 15 se sono presenti patologie cardiovascolari.
SONNO E PRESTAZIONI ATLETICHE
Gli atleti sanno bene che l’attività fisica è una componente importante di uno stile di vita sano e per dare il meglio devono prepararsi in ogni aspetto della loro vita.
Si allenano regolarmente, mangiano pasti e spuntini sani e trovano il tempo per riposare, recuperare e dormire.
Quando uno di questi fattori viene anche temporaneamente compromesso, le prestazioni sportive complessive possono risentirne.
Un sonno qualitativamente valido aiuta a conservare e consolidare i ricordi, compreso l’apprendimento di nuove abilità e tecniche e contribuisce a migliorare le prestazioni future.
Senza un sonno efficace, i percorsi neuronali che permettono di apprendere e creare ricordi sono meno attivi. Ciò può avere effetti negativi sugli atleti i cui sport richiedono un alto livello di funzioni cognitive, come il processo decisionale e l’adattamento a nuove situazioni.
Il sonno è anche associato al miglioramento dell’umore generale e previene irritabilità e stress.
Gli esempi positivi sono molti, nel nuoto (riduzione dei tempi di reazione fuori dei blocchi, alla virata e nello sprint), nel basket (miglioramento della velocità di corsa e precisione a canestro), nel tennis (miglioramento della precisione nel servizio dal 36 al 45%, minore sonnolenza).
Al contrario, Si è scoperto che quando si riduceva il sonno dei tennisti a quattro o cinque ore, la precisione del servizio diminuiva fino al 53%.
In generale, aumentare la durata del sonno fino a 8-10 ore o integrare il sonno durante il giorno con un sonnellino pomeridiano di 20-30 minuti, può migliorare i risultati delle prestazioni già dopo una notte di sonno regolare e ripristinare i decrementi delle prestazioni ai livelli di base dopo una notte con limitazione parziale del sonno.
Studi e ricerche hanno condotto ad un grande miglioramento delle prestazioni atletiche ma il contesto sportivo presenta molti fattori che possono influenzare negativamente il sonno degli atleti e il successivo recupero, come i viaggi con disordine del ritmo circadiano e dei bioritmi, l’abitudine all’utilizzo di schermi retroilluminati fino a tarda sera e la luce artificiale, la caffeina, infine anche l’alcool.
Prof. Dott. Francesco Peverini
Specialista in Medicina Interna
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