Perché abbiamo bisogno di dormire
Prof. Dott. Francesco Peverini
Roma, 22.06.2025
Le persone di solito non sono informate di quanto e perché sia necessario dormire, né di cosa accada veramente durante il sonno.
Durante le mie visite mediche per disturbi del sonno, provo spesso a semplificare la situazione: sappiamo tutti che una serie di comportamenti naturali sono assolutamente indispensabili per vivere, come bere, mangiare, riprodursi e avere un riparo. Ebbene anche il sonno è tra questi.
Per riposare, tra l’altro, non è sufficiente sdraiarsi o rimanere inattivi, anche per ore. È indispensabile dormire.
E il sonno cosa è?
È paragonabile ad uno stato di perdita di coscienza o può essere assimilato a un’anestesia o a una sedazione o a uno stato ipnotico?
O ci troviamo di fronte a qualcosa del tutto simile alla coscienza vigile propria della veglia, ma di fatto estremamente diversa, in quanto il cervello agisce anche senza che noi ne avvertiamo il lavoro?
Cosa avviene durante il sonno da renderlo così necessario?
Noi dormiamo ma il cervello sicuramente no: nel sonno si passa da un’attività – la veglia – a una serie di funzioni che invece si ignorano. Il cervello “decide” ogni notte di produrre singolari situazioni biologiche, senza lo sviluppo delle quali non si potrebbe letteralmente vivere.
L’apparente immobilità di un individuo nasconde una serie di condizioni che ci porta progressivamente a rilassare i muscoli, a variare l’azione degli ormoni e di tante molecole nel sangue e nel cervello. Come una macchina che non si ferma mai, allo stesso modo del corpo umano con le sue attività metaboliche, che possono tutt’al più solo rallentare; il cervello ha un insopprimibile bisogno di agire e lo fa, di notte, in una dimensione diversa da quella diurna.
IL MONDO DEL SONNO
L’unica cosa che ricordiamo della notte sono i sogni (o gli incubi) e i risvegli.
Ma andiamo per gradi: il sonno è composto da una fase di addormentamento e tre fasi distinte tra loro e riconoscibili con l’elettroencefalogramma: abbiamo così una fase di addormentamento, una fase di sonno leggero seguita da una di sonno profondo (chiamate sonno Non REM – NREM) e una fase, meno chiara ma più suggestiva, di sogno. La maggior parte dei sogni si sviluppa in un particolare momento del sonno in cui non si è per nulla inattivi. Si tratta della fase del sonno chiamata REM (da “Rapid Eye Movement”), una fase del sonno caratterizzata da movimenti rapidi degli occhi sotto le palpebre e da un’intensa attività cerebrale, simile a quella della veglia, la frequenza cardiaca è estremamente variabile, la pressione del sangue cambia altrettanto velocemente e anche ormoni e metabolismo seguono questa nuova situazione del corpo.
Questa fase è così importante che le persone in cui è assente o largamente compromessa testimoniano ogni giorno un grave mancato riposo e sintomi di un deterioramento della salute fisica.
In sintesi si sviluppa un piccolo circuito: sonno leggero, sonno profondo, sonno REM e questo ciclo si ripete normalmente quattro o cinque volte per notte. Ecco in poche parole la struttura – l’architettura – del sonno.
Comprendere la struttura del sonno è indispensabile per affrontare e rendere più efficace qualsiasi cura.
GLI EFFETTI DELLA PRIVAZIONE DI SONNO
Riguardano principalmente la compromissione del senso di energia di un soggetto, la concentrazione e la velocità di elaborazione del pensiero, e talvolta l’umore.
Dopo ventiquattr’ore di veglia prolungata, iniziano ad alterarsi i livelli ormonali del cortisolo (uno dei più importanti ormoni dell’attività e dello stress), che durante tutto l’arco della giornata, dopo un picco mattutino si attestano su valori più bassi. Diversamente dalla normalità, tendono invece a essere più elevati due o tre ore dopo l’inizio del sonno.
Il rallentamento delle prestazioni intellettuali, la perdita di attenzione e vigilanza e un aumentato sforzo mentale per mantenere il controllo in una cornice funzionale meno efficiente rappresentano anch’esse delle disfunzioni attribuibili alla perdita di una sola notte di sonno.
L’elaborazione di stimoli affettivi rivela un’elevata reattività nei soggetti privati di sonno, ma sempre in un contesto di ansia che potremmo definire “da prestazione”; ciò si riflette in una più generale alterazione della sfera emotiva.
In ogni caso, la vulnerabilità individuale legata alla privazione del sonno è molto variabile.
E poi abbiamo altre conseguenze della privazione del sonno.
Microsleeps (microsonni): una sola notte di privazione del sonno può causare, il giorno successivo, un fenomeno chiamato microsleep, un addormentamento molto breve (da due-tre fino a trenta secondi).
Si tratta di quello che tutti conosciamo come “dormire ad occhi aperti”: gli occhi di alcune persone infatti rimangono aperti durante i microsleeps ed è inquietante rilevare che in questi casi si è essenzialmente ciechi. Il cervello si trova in una condizione di sospensione rapida e incontrollabile della coscienza, situazione che può essere incredibilmente pericolosa soprattutto quando si è alla guida.
Delirio: le persone, dopo una notte completamente insonne, avvertono una sensazione di confusione e si sentono solitamente inquiete. Talvolta si assiste a veri episodi di delirio, con uno stato confusionale acuto e convinzioni errate su fatti e persone. I soggetti appaiono davvero disorientati.
Per esperienza, posso testimoniare come pazienti ricoverati in unità di terapia intensiva, in cui luci e suoni (di fatto indispensabili) possono dare fastidio tutto il giorno e la notte, sono in grado di sviluppare una condizione confusionale chiamata “delirio da terapia intensiva”.
Allucinazioni: si tratta di un’erronea percezione della realtà, presente in veglia o nelle fasi di transizione dalla veglia al sonno. Persone molto assonnate possono vedere qualcosa che non esiste, o ricordare confusamente fatti e situazioni (per esempio essere convinti della presenza in un ambiente di persone o familiari, che sono invece assenti).
Soggetti volontari, privati a lungo del sonno, hanno mostrato preoccupanti stati allucinatori, assimilabili a esperienze descritte dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti.
Ma le allucinazioni di un paziente privato del sonno possono anche essere solo rumori, talvolta voci, che il soggetto vive con intensa partecipazione emotiva attribuendone l’appartenenza a persone conosciute o addirittura a entità più o meno sovrannaturali.
Si può morire di privazione del sonno?
La privazione totale di sonno uccide topi da laboratorio per ipotermia (eccessivo abbassamento della temperatura corporea), infezioni e sepsi: loro non hanno un codice etico a difenderli. Grazie al loro sacrificio sappiamo come funziona il danno fisico da mancanza protratta di sonno.
Di sicuro, sono stati valutati gli effetti somatici (corporei) della mancanza acuta di sonno:
• Lesioni cutanee.
• Perdita di appetito.
• Riduzione del peso corporeo.
• Ricerca di calore.
• Riduzione della temperatura corporea.
• Disfunzioni immunitarie con insorgenza di infezioni.
• Morte.
Un utilizzo discutibile della privazione del sonno è rappresentato da alcuni metodi di interrogatorio, impiegati per far crollare i sospettati in modo molto più efficace di altri approcci violenti. Tutto si gioca sulle conseguenze della privazione prolungata del sonno: stress, ansietà, depressione, inappetenza, perdita di memoria a breve termine, allucinazioni, riduzione delle capacità intellettive, una vera modificazione della personalità. Questa pratica diminuisce la resistenza degli individui, di cui vengono alterate principalmente le note caratteriali ma, se protratta troppo a lungo, può anche condurre a morte per infezioni con setticemia o per stress cardiaco da ipotermia e aritmia.
La sola presenza di luce costante è già un’azione di fortissima pressione psicologica, in particolare se viene associata ad atti che risveglino continuamente il prigioniero per impedirgli di addormentarsi.
I MOTIVI PER DORMIRE BENE E SALVAGUARDARE IL SONNO
Come abbiamo visto, nella fase non-REM, chiamata anche di sonno elettricamente sincronizzato, si sviluppano processi di memorizzazione e diverse attività metaboliche.
La fase REM viene identificata prevalentemente con il sogno.
Provando a formulare finalmente una prima risposta al perché abbiamo necessità di dormire, possiamo dire che per vivere è indispensabile trascorrere del tempo in condizioni che non sono solo quelle di maggiore consapevolezza cosciente, come la veglia.
Dormiamo, quindi, per una serie importantissima di ragioni fisiche e comportamentali.
Risparmio energetico. La funzione primaria del sonno è, secondo alcuni, quella di agire come promotore di risparmio energetico: il primo scopo del sonno sarebbe quella di ridurre la domanda di energia di un individuo e il conseguente consumo di calorie anche di notte, soprattutto nei momenti in cui per l’uomo è meno facile cercare cibo.
Recupero e immunità. La teoria del ristoro è supportata dai risultati di alcune ricerche che hanno mostrato che molte delle funzioni principali di recupero del corpo, come la crescita muscolare, la riparazione dei tessuti, la sintesi delle proteine e il rilascio nel sangue dell’ormone della crescita si verificano per lo più, o solo in alcuni casi, durante il sonno.
Tra queste è importantissima quella immunitaria: un animale lasciato insonne muore nell’arco di alcuni giorni per infezioni non controllabili.
La plasticità neuronale. Una delle spiegazioni più recenti e interessanti del perché abbiamo bisogno di dormire si basa su ricerche che dimostrano come il sonno sia correlato ai cambiamenti nella struttura e nell’organizzazione del cervello; questo fenomeno, noto come plasticità cerebrale non è del tutto compreso, ma sta diventando chiaro come il sonno possa giocare un ruolo fondamentale nello sviluppo del cervello nei neonati e nei bambini piccoli. I neonati passano addormentati dalle tredici alle quattordici ore circa al giorno, e quasi la metà del tempo è spesa in sonno REM.
La memoria e l’apprendimento. Un collegamento tra il sonno e la plasticità del cervello si sta individuando anche nell’adulto: dormire o stare svegli hanno potenti effetti sulla capacità di imparare e di eseguire una serie di compiti, e in particolare influenzerebbero il nostro bisogno di memorizzare ciò che abbiamo appreso, la rimozione di ricordi irrilevanti, l’integrità della rete sinaptica con la formazione di percorsi neuronali nuovi che immagazzinano e rendono
disponibili le informazioni che, tra l’altro, contribuiscono all’equilibrio psichico e alla capacità di affrontare situazioni nuove e complesse.
Comunicare attraverso i sogni. Sigmund Freud diceva che il cervello ci invia lettere durante il sonno. Non solo. Il sogno è la base stessa di pensieri che, probabilmente, non avremmo avuto e di immagini che, pur prodotte dai nostri neuroni, non avevamo mai visto o ricordato o considerato: è una delle spiegazioni all’evoluzione della specie umana.
Del resto lo stesso Albert Einstein affermava che la maggior parte della sua teoria della relatività era stata concepita e immaginata nel sogno.
Come è facile comprendere, non è agevole sostenere una ragione che più di altre renda necessario e indispensabile il sonno, e tuttora non c’è una risposta soddisfacente e univoca alla nostra domanda. Gli aspetti coinvolti sono di fatto moltissimi, tanto quanto quelli che sono presenti
quando si è svegli.
Più semplicemente, possiamo dire che il sonno non è un’entità a sé stante, ma parte integrante
dello sviluppo della vita su questa Terra, per l’uomo come per altre specie.
Il riposo e il ristoro dalle fatiche del giorno sono inconsapevolmente ritenuti come impliciti, correlati al semplice atto di coricarsi e addormentarsi; in altre parole, dovuti.
Come se esistesse una condizione vincolante – un patto biologico – in grado di garantirci automaticamente un diritto inalienabile di cui non ci si deve dare pensiero.
Senza sapere attraverso quale meccanismo ciò avviene, senza conoscere (se non raramente) gli automatismi biologici che provvedono al sonno e al riposo, si confida che, riaperti gli occhi, il nostro corpo e la nostra mente siano pronti ed efficienti, ricaricati e rigenerati per affrontare una nuova giornata, con tutte le sue sfide e vicissitudini.
Ma molte volte tutto questo non funziona.
Sottoporsi ad una visita di Medicina del Sonno o a un’analisi strumentale, può aiutarti ad affrontare insonnia cronica e apnee notturne e ridurre il rischio di gravi complicazioni in futuro.
Prof. Dott. Francesco Peverini
Specialista in Medicina Interna
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