Francesco Peverini, 04.12.2022
Roma, Napoli, Lunghezza (RM)
www.polisonnografia.it
Una volta ottenuto il referto della polisonnografia e diagnosticata una Sindrome delle apnee notturne – OSAS -di grado severo, oppure di grado moderato ma associata a una patologia cardiaca, neurologica o respiratoria, non v’è alcun dubbio che si renda necessario e urgente far respirare bene questo soggetto durante la notte.
Il trattamento ventilatorio è senza dubbio la terapia di scelta per la cura dell’OSAS.
La procedura consiste nel mandare nelle prime vie aeree una corrente di aria a una pressione lievemente superiore a quella ambientale, attraverso una mascherina che si applica sul volto (nasale o naso-bocca) per tutta la notte, e che rimane collegata all’apparecchio con un tubo flessibile. La pressione positiva esercitata dalla macchina mantiene aperte le vie aeree eliminando le apnee e le ipopnee.
Questa ventiloterapia viene chiamata CPAP (da Continuous Positive Airway Pressure) e ha la funzione di ripristinare corretti livelli di ossigeno nel sangue e di ridurre l’anidride carbonica che invece aumenta durante le apnee.
Dopo che si sarà raggiunta una discreta confidenza con l’apparecchio di ventiloterapia (circa quattro-sei settimane dopo l’inizio del trattamento) si procederà con la “titolazione”, la procedura con cui si valuta ed eventualmente si corregge la terapia ventilatoria; questa si attua preparando il paziente a un apposito esame polisonnografico effettuato durante lo svolgimento della ventiloterapia.
Indossare una maschera per curare le apnee notturne con CPAP può sembrare del tutto innaturale, soprattutto la prima volta.
Troppo spesso i pazienti arrivano alla prescrizione della CPAP completamente ignari di ciò che il medico ha il dovere di disporre alla luce dei risultati della polisonnografia, oppure già atterriti, a volte riluttanti, talora ostili, a causa di racconti di amici o parenti o vittime di un immaginario approssimativo.
C’è infatti ancora pochissima conoscenza del mondo delle apnee notturne e ancor meno dell’importanza di curare questa patologia. Se possibile, la ventiloterapia è ancor meno conosciuta.
La maggior parte dei pazienti che inizia il trattamento, lo prosegue senza difficoltà.
Tuttavia, una parte di essi non si adatta alla CPAP, trova difficoltà tecniche e qualche volta abbandona la terapia per varie ragioni, tra cui la claustrofobia, la paura di vedere limitati i propri movimenti, talora l’imbarazzo nei confronti del coniuge, l’idea di essere troppo giovani, l’autocommiserazione o vere crisi di ansia.
Il tutto spesso facilitato da una inconsapevole delegittimazione operata anche dai familiari.
Cosa determina il successo terapeutico della CPAP ?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo fare riferimento ai dati internazionali.
Questi ci dicono che dal 5 al 50% dei pazienti affetti da OSAS rifiuta a priori l’opzione di trattamento ventilatorio con CPAP o ne interrompe l’uso entro la prima settimana, sia per una complessa serie di ragioni pratiche, sia per le ragioni precedentemente esposte e per scarsa o impropria conoscenza del problema. Molto spesso, in verità, una frettolosa prescrizione non accompagnata da un adeguato monitoraggio delle eventuali difficoltà che il soggetto può incontrare determina parte del fallimento terapeutico.
Spendo molto tempo durante le visite a incoraggiare i miei pazienti all’uso di questi dispositivi, definendoli (come sono davvero) dei veri “salvavita”.
La ventiloterapia è infatti in grado di migliorare tutte le complicazioni dell’OSAS, da quelle metaboliche a quelle cardiovascolari (per esempio diminuisce significativamente la pressione arteriosa e l’incidenza di aritmie come la fibrillazione atriale) e neurologiche (come la netta riduzione o la vera e propria scomparsa della sonnolenza diurna), oltre che di ripristinare adeguati livelli di vigilanza durante il giorno.
Ai miei pazienti ricordo anche che terminata la giornata e la routine della vita di coppia, prima o poi si dormirà: a quel punto e solo allora si dovrà indossare la mascherina nasale e accendere l’interruttore.
E’ sempre molto importante aiutare il paziente nelle prime fasi del trattamento.
Infatti anche tra coloro che eseguono scrupolosamente la cura, si prevede che, dopo tre anni, il 12-25% avrà interrotto l’uso di CPAP per stanchezza, per la convinzione che il raggiunto benessere sia ormai definitivo, per viaggi di lavoro sempre più frequenti, raramente anche per i costi (i sistemi di ventilazione sono erogati dal Servizio sanitario nazionale su presentazione di opportuna documentazione).
Una buona adesione alla terapia ha scientificamente dimostrato di produrre significativi e positivi effetti sulla sopravvivenza dei pazienti: non dimentichiamo che quando prescriviamo una terapia ventilatoria lo facciamo in base a questa valutazione, non per diminuire il rumore da russamento.
Quando l’aderenza è superiore a quattro ore di corretto uso notturno del dispositivo per il 70% delle notti in un mese possiamo dire di aver raggiunto un buon risultato con il paziente.
Ecco un elenco dei problemi che puoi trovare nella terapia CPAP, per ognuno dei quali abbiamo più di una soluzione:
Sensazione di soffocamento
Claustrofobia
Adattamento alla maschera (ad es. tocca il naso o è troppo piccola ecc.)
Pressione dell’aria insufficiente o troppo alta
Sinusite o mal di gola coesistente (cosa fare ? )
Bocca asciutta al mattino
Secchezza nasale
Perdite di aria dai bordi della maschera
Rimozione inconsapevole della maschera durante la notte
Formazione di condensa nel tubo CPAP
Risvegli notturni
Russamento persistente nonostante la CPAP
Il trattamento dei pazienti affetti da sindrome delle apnee notturne si rende obbligatorio a causa della severità delle conseguenze cliniche, ma risente ovviamente delle aspettative e della serenità con cui il paziente accetta di effettuare interamente le terapie.
Le apnee notturne dovrebbero essere sempre indagate e soprattutto mai ignorate.
Non è necessario nominare, come avviene spesso negli USA, personaggi importanti e scomparsi a causa delle apnee notturne; basterà ricordare tanti pazienti che, per infinite ragioni e per disinformazione, hanno avuto eventi fatali, forse evitabili con una corretta diagnosi e terapia dell’OSAS.
Ma ancora lunga è la strada da fare in questa direzione.
L’evidenza che negli ultimi venticinque anni il numero dei pazienti neodiagnosticati non sia variato di molto e costante la consapevolezza dell’enorme percentuale di soggetti che non sanno di essere affetti da OSAS (e, restando così le cose, non ne verranno forse mai a conoscenza) sono elementi di grande preoccupazione dal punto di vista sanitario e sociale.
I rischi, peraltro, non sembrano ancora recepiti nella loro complessità né a livello formativo (nelle università) e istituzionale, né a livello di prevenzione o assistenza sul territorio.
Se non riesci a curarti con la CPAP non sei solo.
Se sei pronto a riprendere confidenza con la tua CPAP, prenditi il tempo necessario.
Se invece non riesci proprio a condurre questa terapia, non puoi restare senza cure!
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